Caso
doping: Incredibile ma vero: la Caf conferma la sconcertante sentenza
della Disciplinare. Carnevale e Peruzzi squalificati per un anno!
Giustiziata la giustizia
di Carlo Lisi
La
giustizia deve essere equa, se è spietata non è giustizia».
«Ingiustizia è fatta». «La Caf resta a guardare».
Dai titoli dei giornali, la mattina del 31 ottobre, è arrivata la prima,
drammatica - ma al tempo stesso inutile - condanna alla giustizia sportiva.
Ventiquattro ore prima, con una riunione lampo, la Commissione d'Appello Federale
aveva confermato la squalifica di un anno ad Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale,
i 150 milioni di ammenda alla società per avere i due calciatori fatto
uso di sostanze proibite (l'ormai celeberrima Fentermina e l'altrettanto famoso
Lipopil). In appena venti minuti il più "alto» tribunale
del calcio ha cancellato le speranze dei due ragazzi che legittimamente speravano
in una sostanziosa riduzione della pena; ha smentito quanti davano per scontata
la riduzione stessa; ha soprattutto giustiziato la giustizia.
Ha scritto Filippo Grassia su La Stampa: «Il verdetto di Paladin (presidente
della Caf, n.d.r.) e soci appare politico come quello di primo grado. Niente
ci toglie dalla testa che Carnevale e Peruzzi paghino il prezzo (fin troppo
alto a nostro giudizio) di una sentenza politica». Una presa di posizione
coraggiosa quella di Grassia, apparsa su un quotidiano che si stampa a Torino,
di cui è proprietario la famiglia Agnelli. In poche parole, al di sopra
di ogni sospetto.
E di sospetti, di interrogativi inquietanti sono pieni i resoconti successivi
alla sentenza della Caf. Scrive Giorgio Tutino su Il Tempo:«...Facile
pensare che proprio Paladin non fosse d'accordo con la sentenza imposta da
tre dei membri: facile anche per le conferme giunte in serata. Il particolare
è inquietante: se una Commissione è divisa, la camera di consiglio
diventa necessariamente lunga. Invece solo venti minuti, quasi a manifestare
la rassegnazione di chi voleva un altro verdetto di fronte all'ostinata certezza
degli altri».
Dello
stesso awiso anche Nino Petrone che su Il Messaggero scrive: «... L'impressione
è che Paladin, propenso ad una riduzione della squalifica, fosse stato
messo in minoranza». Il Corriere dello Sport-Stadio è sulla stessa
linea dei due quotidiani politici; in prima pagina commenta così la
sentenza: «... Incomprensibile tale durezza, tanto da apparire persino
sospetta: dopo questo assurdo verdetto della Caf prende ancor più consistenza
l'ipotesi di una decisione politica da parte della Federcalcio. E questo è
inaccettabile in uno Stato di diritto». Su La Repubblica, Giuseppe Smorto
scrive: "m Vista così è ancora una sentenza monca, che
non porta alla verità... È una sentenza politica? Gli inquirenti
non hanno raggiunto prove sufficienti?».
Da Milano, manco a dirlo, osservazioni diverse. La presa di posizione della
cosca siciliana non sorprende più di tanto. Indecifrabile il commento
de Il Corriere della Sera che titola il commento di Giancarlo Padovan «Sentenza
giusta e comportamenti contraddittori», un modo per schierarsi in maniera
inequivocabile al fianco dei giudici della Caf. Ma nell'articolo di Padovan
si legge: «...Lontana era stata la verità e lontana è
rimasta. Purtroppo il segnale è chiaro: al calcio basta una giustizia
dimezzata». Fuori dal coro, manco a dirlo, La Gazzetta dello Sport;
che ha affidato il commento ad Alfio Caruso. L'indice accusatore è
puntato contro gli accusati (Carnevale e Peruzzi), ma soprattutto contro Viola.
Per Caruso «...la credibilità federale rimane affidata a quelle
poche, amare decisioni che hanno avuto il coraggio di non guardare in faccia
alcuno. Parliamo del Milan in B, del Pa. lermo cancellato dai campionati professionistici,
delle pesanti sospensioni inflitte a Rossi e Giordano. Senza di esse non esisterebbe
la nona azienda del Paese», In poche parole, per Caruso e La Gazzet.
ta dello sport, il caso Carnevale-Peruzzi va equiparato nientemeno che agli
illeciti sportivi (su per documentati dalla giustizia ordinaria, prim'ancora
di quella sportiva che altrimenti avrebbe insabbiato tutto, secondo tradizione)
del Milan, di Paolo Rossi e di Bruno Giordano. Vale la pena prendere in considerazione
un simile accostamento?
I
veleni che hanno accompagnato la vicenda per 38 giorni hanno indubbiamente
contribuito a falsare la verità, a condannare Carnevale, Peruzzi e
la stessa Roma ben oltre le responsabilità e le colpe. Ancora una volta
proprio la Roma s'è ritrovata a far eccezione, per certi versi a legiferare.
Chi non ricorda, ad esempio, l'awentura della squadra alienata da Helenio
Herrera in Coppa delle Coppe? C'era una strana regolamentazione sul valore
"doppio» dei gol segnati in trasferta: i giallorossi, dopo aver
chiuso la gara di andata sull' 1-1, in Polonia contro il Gornik Zabrze chiusero
sul 2-2. Ma le reti segnate nei tempi supplementari si scoprì dopo
la gara che quel valore «doppio» non l'avevano ancora. Una mostruosità.
La Roma finì col perdere quella semifinale con il sorteggio dopo la
terza gara, ma l'anno successivo l'Uefa cambiò il regolamento.
Nel caso del doping si è ragionato alla rovescia. Non esistendo una
specifica regolamentazione, era indispensabile una «condanna esemplare».
Proprio nel giorno in cui la Commissione di Appello Federale formulava la
sua inappellabile sentenza, il Coni emanava le nuove norme, che colmavano
le fin troppe lacune dell'azienda-calcio. D'ora in avanti si marcerà
sulla strada tracciata dal caso Carnevale-Peruzzi e il fatto che i due abbiano
pagato in maniera spropositata sarà dimenticato in fretta. Paladin,
Castaldi, Volpari, Pisani-Massamormile e Serrao, i cinque giudici della Caf
non hanno avuto dubbi. Almeno tre di loro, a sentire le indiscrezioni. Immaginiamo
il disagio di coloro che erano contrari. Chissà se anche loro dimenticheranno
in fretta ch'èstata giustiziata la giustizia.
Tratto da La Roma novembre 1990
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